sabato 16 maggio 2020

PENSIERO-10: EINSTEIN AVEVA SEMPRE RAGIONE? I “complottisti” hanno sempre torto?



 “Accettare la civiltà quale essa è significa praticamente accettare la decadenza.” (George Orwell) 
“Il giornalista è colui che distingue il vero dal falso... e pubblica il falso.”(MARK TWAIN) 
Una bugia fa in tempo a compiere mezzo giro del mondo prima che la verità riesca a mettersi i pantaloni.”(SIR WINSTON CHURCHILL) 
“In tempi di menzogna universale, dire la verità è un atto rivoluzionario.” (George Orwell)
LA RICERCA DELLA VERITA’
Finché non cambieremo i nostri parametri critici, cioè, finché non svincoleremo la ricerca della verità dal consenso sociale, politico ed economico, ostacoleremo sempre questa ricerca, non solo in noi stessi, ma, cosa ancora più grave, negli altri. In poche parole, costituiremo un freno reale al progresso.

Einstein aveva sempre ragione? I “complottisti” hanno sempre torto?

Non si tratta di una domanda polemica, ma retorica. Ovviamente no. Einstein, nonostante il suo elevato IQ, non aveva sempre ragione. Non poteva, perchè è impossibile che una persona possa aver sempre ragione. Un solo esempio. Una volta affermò testualmente che se non si riesce a spiegare una propria teoria ad un bambino di 6 anni, non la si è capita.


Ebbene, la sua teoria della relatività, al tempo della sua formulazione, apparentemente non venne capita da nessuno tranne che dal matematico Eddington! Einstein davanti allo specchio escalmerebbe: “Tu non l’hai capita!” Questa non è una critica al fisico. Serve solo per introdurre il concetto che non si deve assolutamente giudicare una qualsiasi affermazione o teoria in base alla persona che l’ha proposta. Uno scienziato può sbagliare 2/3 volte su dieci e anche di più, un comune mortale 7/8 volte su dieci. Questo per dire che non esiste il bianco e il nero. In mezzo ci sono tante sfumature di grigio e pertanto ogni teoria va valutata singolarmente. Se un comune mortale può aver ragione (solo) 2/3 volte su dieci, ricavando magari la sua teoria dalla sua esperienza di vita, non per questo non si devono esplorare a fondo tutte e dieci le sue teorie. In particolare se si tratta di una teoria che non è stata ancora formulata dagli specialisti del campo in questione. Non farlo viola il principio scientifico. E, prima di tutto, bisogna togliersi dalla zucca l’idea preconcetta che se una persona ha sbagliato due/tre volte su dieci (o 7/8 volte su dieci, com’è perfettamente normale) qualsiasi cosa dirà o sosterrà debba essere ignorata. Questa è una conclusione asinina. Rivela un atteggiamento mentale accentrato su se stessi e totale mancanza di umiltà. Si basa sul presupposto di non poter mai sbagliare! “Io ho la Verità in tasca”, dunque, “chi non la pensa come me, sbaglia.” È cosí ovvio! Siamo in presenza di ego smisuratamente grandi a compensare la mancanza di autostima. Queste persone non porteranno mai vere argomentazioni davanti ad una teoria che contraddice le loro credenze, ma cercheranno di combatterla col mezzo più vile che esista e per giunta, completamente inutile: l’argumentum ad hominem. Offese personali, cioè, bullismo cibernetico e l’accusa che oggi va di moda: “complottista”. Oggi non si può più esprimere un parere, per quanto pacato e fondato, no, non fa differenza, si viene condannati senza processo. Eppure i cosiddetti “complotti”  o i “complottisti” non sono tutti uguali. Ma i debunkers, invece di analizzare caso per caso, fanno di tutte le erbe un fascio, e mettono nello stesso sacco “complotti “come il 9/11 e la terra piatta o cava o i reptilians. E, aggiungiamo le fate, gli gnomi e la negazione dell’olocausto. Ma, se siamo un po’ più cauti, e aperti mentalmente, riusceremo forse a capire perché alcuni sostengono disperatamente, contro l’evidenza, che la terra è piatta. Chi sono? Sono per lo più i fondamentalisti protestanti, che basano la loro argomentazione sulla credenza che la Bibbia sia infallibile; il concetto della terra piatta è chiaramente rappresentato nella Bibbia, e fu difeso dai credenti di ogni epoca storica... fino a poco tempo fa. Un suo autorevole sostenitore, Sant’Agostino lo difese a denti serrati nel quarto secolo, poco importava che Eratostene, Aristarco et. al., secoli prima avessero affermato che era un globo e che Eratostene ne avesse “misurato” la circonferenza equatoriale, con un errore di poco più dell’uno per cento! Quindi i debunkers, ignorando i fatti, mettono insieme persone di ideologie diverse, perché è assurdo pensare che i credenti (tranne i protestanti), gli agnostici o gli atei, possano credere che la terra sia piatta o cava. Suvvia! Insomma, non si può apostrofare con etichette (meno che meno con la stessa etichetta) un gruppo che non è omogeneo, anzi, molto diverso socioculturalmente. Come agli incondizionati sostenitori del sistema, - che sono lungi dal pensare che è proprio il dubbio il principio basilare della democrazia e che senza il dubbio saremmo rimasti fermi all’età della pietra-  appartengono gli onesti e i disonesti, i superficiali e le pecore che seguono il flusso del gregge sentendosi protetti da un consenso che spesso si dimostra fallace, cosí anche tra i “complottisti” ci sono sia i responsabili sia le pecore che seguono il gregge, vale a dire che il gruppo non è affatto omogeneo: molti dei suoi “appartenenti” non sono affidabili perché ripetono (e male) quello che non hanno capito o non si sono preoccupati di capire. Pertanto, il dibattito si deve fare ad alto livello, a livello dei media, come televisioni e quotidiani. Quando dico televisioni intendo tutte, comprese quelle che forniscono informazioni alternative. Bisogna, insomma confrontare le tesi per cercare di capire da che parte si trovi la verità. Caso per caso. Tuttavia, c’è una regola molto semplice per capire da che parte stia la verità, ancora prima di cominciare. Quando uno dei due gruppi invita l’altro a fare un dibattito in campo neutro, state pur certi che la verità non si troverà mai dalla parte di chi rifiuta il dibattito. L’esperienza insegna che chi rifiuta il confronto ha sempre torto! Ci sono inviti a un confronto che aspettano da anni l’intervento di una delle due parti come potete vedere in questo video di Contro TV.

Alla verità non si arriva attraverso il consenso. La verità è indipendente dal consenso. Spesso, più esiste consenso e meno probabilità ci sono di trovarsi nel giusto. Lo hanno affermato tutte le religioni o filosofie orientali e lo potete constatare da un fatto molto semplice: lo scopritore di una nuova “verità”, all’inizio è sempre solo e, anche nell’ambito della scienza (purtroppo) osteggiato da tutti: prima ignorato, poi deriso, in seguito viene diffamato e rovinato anche finanziariamente. Ma in alcuni casi, la verità si impone, perché i fatti dimostrano che quello che é stato proposto FUNZIONA! Questo è un criterio di giudizio molto valido; come dicono gli anglosassoni la prova del pudding sta nell’assaggio.

Einstein, tanto per compensare quello che ho detto di lui sopra, sosteneva che “chi non si sforza di arrivare alla verità da solo non ne è degno.” Rifletteteci su. La ricerca della verità è un sentiero duro sbarrato dai muri di coloro che vogliono opinare a tutti i costi, i provocatori, gli infelici che manifestano apertamente la loro cattiveria proprio perché quella è la reazione dell’infelice. Il maleducato è solo un infelice, e dobbiamo essere tolleranti, è vero, ma fino a un certo punto: non ha il diritto, per esempio, di entrare in casa mia e di offendermi, invece di argomentare come un essere umano contro le mie tesi. Un po’ lo lasciamo blatterare, ma, quando non si accorge della sua meschinità e va avanti imperterrito con le offese, dobbiamo metterlo alla porta, a malincuore, ma è una decisione funzionale, perché ci fa perdere del tempo senza apportare nulla alla discussione. E per lui non c’è discussione, a priori. Tutto è bianco o nero, non ci sono compromessi né sono possibili ripensamenti. Lui/lei È la verità. Beati loro, io sono pieno di dubbi!

Quando un anno fa sono entrato in fb ho scelto “amici” casuali senza preoccuparmi delle loro ideologie politiche o relgiose. Anzi, non ho nemmeno controllato il loro profilo, per essere coerente con quanto ho detto sopra: dunque i fatti, non la persona. La ricerca della verità dovrebbe essere al di sopra di qualsiasi ideologia. Se una cosa è vera, poco importa da chi venga. Bisogna discuterla serenamente e dare credito a chi l’ha scoperta. Sembrerebbe un criterio molto semplice. Se non lo è, in pratica, domandiamoci perché.

La scrittrice Enrica Perucchietti nel suo blog definisce egregiamente il bullismo cibernetico e gli insulti ad hominem:Quando non si sa come attaccare il contenuto di certe ricerche si passa al bullismo vero e proprio con attacchi personali tanto vili quanto violenti o all’inserimento dei nomi dei ricercatori in liste di proscrizione.

Denigrando e perseguitando chi non si allinea al pensiero unico si spera di disincentivarlo dal continuare le proprie ricerche.

Sono metodi di bassa lega usati da tempo e che con l’avvento della tecnologia e dei social funzionano in modo più capillare.

Mettendo pubblicamente alla gogna i ricercatori “scomodi” si introduce di fatto uno psicoreato, un reato d’opinione di orwelliana memoria.

Si crea cioè un frame, una cornice negativa, con cui stigmatizzare un ricercatore e le sue teorie in modo che il biasimo collettivo lo preceda e lo segni inesorabilmente. Si diffonderanno articoli, commenti su forum per confermarne il frame e si modificheranno persino le voci su wikipedia per avvalorare la veridicità delle accuse anche qualora siano assurde.

Il bullismo del potere tramite i suoi cybermastini si sta scatenando in queste settimane con il ricorso al noto argumentum ad hominem: si tratta di una fallacia o tecnica fuorviante che serve per screditare un argomento scomodo spostando l’attenzione dall’argomento della polemica, contestando non l’affermazione in oggetto, ma l’interlocutore stesso.”



Chi voglia contestare il contenuto di una qualsiasi ricerca lo deve fare seguendo una prassi scientifica, in un aperto dibattito logico e razionale.

Deve, in primo luogo, contestare le affermazioni in oggetto sostenendo le sue argomentazioni con riferimenti a link scientifici pertinenti all’argomento della polemica e deve accettare confronti televisivi con l’interlocutore che ha citato in causa. Chi non lo fa ha già violato il metodo scientifico e proprio per questo non può arrogarsi il diritto di parlare in nome della scienza. E chi vuole censurare un canale televisivo alternativo, come è recentemente accaduto, viola l’articolo 21 della Costituzione e quindi va perseguito legalmente. Cominciamo a cestinare tutte le affermazione propagandistiche prive di link che diffamano teorie basate su validi presupposti scientifici. Il link, in quanto aperto alla verifica e alla discussione è la conditio sine qua non di un vero dibattito scientifico. Tutto il resto è garbage (spazzatura) che non merita l’attenzione di una persona razionale.

Fabrizio Accorsi

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