L'esperimento di
Milgram è un esperimento di psicologia sociale condotto negli
anni sessanta dallo psicologo statunitense Stanley Milgram il cui
obiettivo era lo studio del comportamento di soggetti ai quali un'autorità, nel
caso specifico uno scienziato, ordinasse loro di eseguire delle azioni in
conflitto con i loro valori etici e morali... Un argomento di grande attualità, dunque.
NOI, I MOSTRI!
Volete conoscere i meccanismi della
irrazionale propensione della maggioranza della società modiale a calpestare le
proprie convinzioni etiche e a schierarsi invece a fianco dell’autorità anche
quando questa propone o comanda azioni criminali? Leggete di seguito i
risultati dell’esperimento Milgram.
Una ricerca sperimentale di enorme portata fu realizzata
dal sopracitato Stanley Milgram, del Dipartimento di Psicologia dell’università di Yale nel 1962-63. I suoi sconvolgenti risultati
e le conseguenti implicazioni morali, giustificheranno le mie lunghe citazioni
dal suo libro Obedience to Authority,
che raccoglie e commenta i dati di quell’esperimento senza precedenti.
"Ho messo a punto un semplice esperimento alla Yale
University. Alla fine, l'esperimento coinvolgerà
più di mille partecipanti e fu ripetuto in diverse università, ma all'inizio,
il concetto era semplice. Una persona si presenta a un laboratorio di
psicologia e le viene detto di effettuare una serie di decisioni che entrano
sempre più in conflitto con la sua coscienza. L’obiettivo dell’esperimento era
vedere fino a che punto il partecipante rispettasse le istruzioni dello sperimentatore
prima di rifiutarsi di eseguire le azioni da lui richieste.” (pag. 5, PDF).
"Ma il lettore deve conoscere qualche particolare in
più sull’esperimento. Due persone si presentano a un laboratorio di psicologia
per prendere parte a uno studio sulla memoria e sull'apprendimento. Uno di loro è designato come
"l’insegante" e l'altro come “studente". Lo sperimentatore
spiega che lo studio riguarda gli effetti della punizione sull'apprendimento.
Lo studente è condotto in una stanza, fatto sedere su una sedia, con le braccia
legate per impedire spostamenti eccessivi, e gli viene messo al polso un
elettrodo. Gli viene detto che deve imparare una lista di coppie di parole;
ogni volta che commette un errore, riceverà una scossa elettrica di intensità
crescente.” (pag. 5).
“Il vero obiettivo di questo esperimento è L’INSEGNANTE.
Dopo aver visto che lo studente è stato legato al suo posto, è portato nella
sala principale dell’esperimento e fatto sedere davanti a un impressionante
generatore di shock. La sua caratteristica principale è una linea orizzontale
di trenta interruttori, che vanno da 15 volt a 450 volt, con incrementi di I5
volt. Ci sono anche delle scritte che vanno da SHOCK LEGGERO, a PERICOLO, a
FORTE SHOCK. All’”insegnante” viene detto che è lui l’incaricato di dare il
test di apprendimento alla persona nell'altra stanza. Quando lo “studente”
risponde correttamente, l'insegnante passa alla fase successiva; quando dà una
risposta sbagliata, l'insegnante gli somministra una scossa elettrica. Egli
deve iniziare al livello di shock più basso (15 volt) e aumentare il livello
ogni volta che lo studente commette un un errore, passando a 30 volt, 45 volt,
e così via.
"L’insegnante" è un individuo che è venuto al
laboratorio per partecipare a un esperimento (con una paga di 4.50 $ per un’ora
di lavoro. Lo “studente”, o vittima,
è un attore che non riceve in realtà nessuna scossa. L’obiettivo
dell’esperimento è quello di vedere fino a che punto una persona può andare avanti, in una situazione concreta e
misurabile in cui gli venga ordinato di infliggere un dolore progressivamente
crescente a una vittima che protesta. A che punto l’insegnante rifiuterà di obbedire allo sperimentatore?” (Ibid, pag. 5)
“Il conflitto nasce quando l'uomo che riceve la scossa
comincia ad indicare che sta provando dolore. A 75 volt, lo “studente”
incomincia a brontolare. A 120 volt si lamenta verbalmente; a 150 esige di
essere svincolato dall'esperimento. Le sue proteste aumentano in proporzione
all’aumentare degli shock, diventando sempre più veementi ed emotive. A 285
volt la sua risposta può essere descritta come l’urlo di un agonizzante.”
(Ibid, pag. 5).
"Gli osservatori concordano sul fatto che la qualità dell’esperimento si perde un pò nella pagina scritta. Per il soggetto, la
situazione non è affatto un gioco; il conflitto è intenso e reale. Da un lato,
la sofferenza manifesta dello “studente” lo spinge a terminare l’esperimento.
Dall’altro, lo sperimentatore, una legittima autorità
con la quale il soggetto si sente legato da un impegno, gli ingiunge di
continuare. Ogni volta che il soggetto esita ad amministrare lo shock, lo
sperimentatore gli ordina di continuare. Per districarsi dalla situazione, il
soggetto deve arrivare ad una rottura inequivocabile con l’autorità. Lo scopo
di questa indagine è di scoprire come e fino a che punto la gente arrivi a
sfidare l'autorità davanti a un chiaro imperativo morale.” (enfasi mia, pag. 6).
"Ciò che sorprende è fino a che punto individui
normali aderiscano alle
istruzioni dello sperimentatore. Infatti, i risultati
dell'esperimento sono sorprendenti e sconcertanti. Nonostante il fatto che
molti soggetti provino stress, nonostante il fatto che molti protestino con lo
sperimentatore, un sostanziale numero di loro procedette fino a somministrare
la scossa massima.” (enfasi mia, ibid, p. 6).
"Dei 40 soggetti, 26 (65%) ubbidirono agli ordini
del sperimentatore fino alla fine, procedendo a punire la vittima fino a
raggiungere la scossa più potente disponibile sul generatore.” (Ibid, p. 21)
Prima di realizzare gli esperimenti, Milgram chiese ad
alcuni colleghi psichiatri di fare una previsione dei risultati. Gli psichiatri
pensavano che la magggioranza dei soggetti avrebbe abbandonato l’esperimento
alla prima lamentela da parte dello “studente”, che circa il 4% avrebbe
raggiunto il livello in cui veniva simulata la perdita dei sensi e che solo
qualche caso patologico, uno su mille, sarebbe arrivato al massimo. Queste
previsioni, come abbiamo visto, furono del tutto erronee: dei quaranta soggetti
del primo esperimento, 25 arrivarono fino alla fine (65 % del totale). D’altra
parte, circa il 90% dei partecipanti arrivò
a far perdere i sensi allo “studente”.
“Questa è, forse, la lezione più importante del nostro
studio: persone comuni, che fanno semplicemente il loro lavoro, e senza
particolari ostilità verso lo “studente”, possono diventare gli agenti di un
terribile processo distruttivo. Inoltre, anche quando gli effetti distruttivi
del loro lavoro diventano palesemente chiari, e viene chiesto loro di compiere
azioni incompatibili con le norme fondamentali della loro morale, relativamente
pochi posseggono le risorse necessarie per resistere all’autorità. Qui entra in
gioco una gamma di inibizioni davanti al disobbedire all’autorità, che riesceono a mantenere le persone al loro
posto.” (ibid, p. 7).
“Che cosa, allora, fa sí che una persona continui a
obbedire allo sperimentatore?” (ibid, p. 7).
“L’adattamento più comune del pensiero del soggetto
obbediente è di vedere se stesso come non responsabile delle proprie azioni
(sic!, come ogni soldato in guerra, n.d.A). Egli si spoglia di ogni
responsabilità attribuendo tutta l’iniziativa allo sperimentatore, un'autorità
legittima. Vede se stesso non come una persona che agisce in maniera moralmente
responsabile, ma come agente di un’autorità esterna.” (ibid, p. 8)
"La valutazione dei risultati in laboratorio è per
questo autore inquietante. Essi sollevano la possibilità che la natura umana,
o-più specificamente, il tipo di carattere prodotto nella società democratica
americana, non è affidabile per isolare i suoi cittadini da brutalità e
trattamenti disumani da parte di autorità malvage. Un numero considerevole di persone
fa quello che viene loro detto di fare, a prescindere dal contenuto dell'atto e
senza limitazioni imposte dalla coscienza, fintanto che percepisce che il
comando proviene da una legittima autorità.” (ibid, p. 115).
“Qui si rivela la capacità dell'uomo di abbandonare la
sua umanità, anzi, l'inevitabilità che lo faccia, nel momento in cui rinuncia
alla sua personalità davanti a strutture istituzionali più forti.” (ibid, p.
116).
“Questo, a lungo andare dà alla nostra specie solo una
modesta possibilità di sopravvivenza. È ironico che le virtù di fedeltà,
disciplina e sacrificio di sé che apprezziamo tanto nell'individuo, siano
proprio le caratteristiche che creano distruttive macchine da guerra
organizzate e legano gli uomini a sistemi malvagi di autorità.” (ibid, p. 115).
Qual è il problema universale, allora? È l'abdicazione
dei principi morali individuali e di conseguenza, l'abdicazione della
responsablità, in favore dell’adozione e
dell’implementazione dei “principi morali” e del comportamento delle autorità
legittime, che, come abbiamo visto, possono comportarsi non solo in modo del
tutto immorale, ma altamente criminale (non dimentichiamo mai l’episodio
dell’Undici di settembre).
Il noto psicologo Henri Laborit asserisce: “Col passare
degli anni, con tutto quello che ho imparato dalla vita, con l’esperienza che
ho delle persone e delle cose, ma soprattutto grazie al mio mestiere che mi ha
permesso di conoscere l’essenziale di quanto oggi sappiamo sulla biologia dei
comportamenti, sono spaventato dagli automatismi che è possibile inculcare
nel sistema nervoso di un bambino.
(enfasi mia). Dovrà avere, nella vita
adulta, un’eccezionale fortuna, per evadere da questa prigione, e chissà se ci riuscirà.”
(Ibid.p 32).
Vediamo di chiarire ulteriormente rispondendo
alla domanda: “Come siamo arrivati a una società cosí mostruosamente disumana?
Milgram scrive: “Fin dai suoi primi anni, il bambino è esposto alla
regolamentazione dei genitori, i quali gli inculcano un senso di rispetto per
l'autorità degli adulti, quella società che gli permetterà
la scalata ai gradini più alti della gerarchia.
Le ingiunzioni dei genitori sono anche la fonte degli
imperativi morali. Tuttavia, quando un genitore insegna a un bambino di seguire
un'ingiunzione morale, in effetti, fa due cose. In primo luogo, presenta uno
specifico contenuto etico da seguire. In secondo luogo, il bambino viene
addestrato a rispettare le ingiunzioni dell’autorità
in sé. Così, quando un genitore dice, ‘Non colpire i bambini più
piccoli’ non dà soltanto un ordine, ma due.
Il primo riguarda il modo in cui il destinatario del comando deve trattare i
bambini più piccoli (il prototipo degli indifesi e innocenti); il secondo
riguarda l’implicito imperativo “Ubbidisci!” E cosí,
l’origine
dei nostri ideali morali è inseparabile dall’inculcare
un atteggiamento d’obbedienza (enfasi
mia)”. (da Obedience to Authority) di Stanley Milgram, p. 84-85).
“Non appena il bambino emerge dal bozzolo della famiglia,
è trasferito dentro un sistema di autorità:
la scuola. Qui il bambino impara non solo un curricolo specifico, ma anche il
modo di funzionare all’interno di un sistema organizzato. Le sue azioni sono
regolate in misura significativa dai suoi insegnanti. A sua volta, sono
sottoposte alla disciplina e alle esigenze di un preside. Lo studente prende
atto che l’indisciplina non è passivamente accettata dall’autorità, ma causa di severi rimproveri e impara anche che
la deferenza è l’unica risposta adeguata ed accettata dall’autorita” (enfasi mia, ibid. p. 85-86).
Sul lavoro, come adolescente o adulto, egli impara che
benché sia permessa una certa dose di
dissenso, espresso con discrezione, per un funzionamento armonico con i suoi
superiori si richiede un atteggiamento di sottomissione. Per quanta libertà nei dettagli sia permessa ad un individuo, si
tratta sempre di una situazione in cui il lavoro che deve fare gli è stato
incaricato da qualcun altro” (ibid p. 86).
Si potrebbero aggiungere fiumi di parole, ma mi pare di
aver detto abbastanza da stimolare una riflessione su noi stessi e il nostro
posto nella società, specialmente nel
frangente particolare della pandemia; i risultati dell’esperimento spiegano in
modo egregio il comportamento di una enorme fetta della popolazione, che
altrimenti, per molti, risulterebbe incomprensibile.
L'esperimento di Milgram è ancora valido?
Una
recente ricerca condotta in Polonia conferma i risultati di Milgram, ecco qua
il breve video:
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