Un mese di viaggio/vacanza dall’Europa nei paesi in via
di sviluppo per molti è un’impresa quasi epica, che va accompagnata da
un’accurata programmazione, prenotazione degli alberghi e assicurazioni varie,
in primo luogo quella medica.
Eppure, l’aver stipulato un’assicurazione rende
l’inividuo inconsciamente prono a contrarre malattie, non fosse altro che per
una “naturale” rassicurazione a livello inconscio di aver speso bene il proprio
denaro, di aver “investito bene”. Per quanto ci riguarda, nei molti anni di
viaggio non abbiamo mai stipulato assicurazioni mediche, fiduciosi che il
nostro sistema immunitario avrebbe combattuto da solo la sua battaglia a pieno
regime, senza la “distrazione” o l’”appoggio” di palliativi esterni. Con
l’entusiasmo che scaturisce dall’aspettativa e dalla scoperta del nuovo, del
diverso, abbiamo sempre mangiato cibo locale, bevuto acqua di ogni tipo e in
ogni luogo. L’attenzione al nostro sistema immunitario è cominciata presto,
decenni fa, e, per citare un solo esempio personale, l’intervallo record tra
due influenze consecutive è stato di 11 anni. Dai 60 ai 72 anni il mio sistema
immunitario si è un po’ indebolito, com’ è normale, con 3 influenze nell’arco
di 12 anni. Quando a causa di un grave incidente nel Rio Dulce, in Guatemala,
Patrizia ha avuto bisogno delle cure di una dottoressa locale, dopo essere
entrati nell’ambulatorio la prima volta, non avremmo mai immaginato quale
avventura medica e umana ne sarebbe scaturita. Questa dottoressa, laureata in
medicina, praticava giornalmente anche trattamenti alternativi, alcuni cosí
avanzati da essere noti quasi esclusivamente agli specialisti dei Paesi
industrializzati. Rimanemmo esterrefatti quando ci disse che praticava
l’agopuntura, i massaggi e un numero incredibile di altre terapie mirate a
potenziare il sistema immunitario, alcune delle quali ci erano note solo
teoricamente. Cosí, approfittammo entrambi dell’occasione per farne esperienza
diretta, una cosa unica avere a disposizione tutte quelle tecniche nello stesso
ambulatorio. Di tutti i posti al mondo, a Rio Dulce, in Guatemala.! Non ci potevamo
credere. Tra le terapie ce n’era una di cui non avevamo mai sentito parlare,
(mi riferesco a tre anni fa). Dopo aver prelevato del sangue a Patrizia (una
siringa di 10 cc), ci fece avvicinare a una piccola centrifuga la cui funzione
era quella di separare il plasma dal resto del sangue, per poi reiniettare il
plasma. È uno “sviluppo” della sieroterapia, scoperta nel 1901 da Emil von
Behring, Premio Nobel, a cui si deve la scoperta dei sieri antidifterico e
antitetanico. Una variante di questo trattamento, mirato ad aumentare la
risposta del sistema immunitario e metterlo nelle migliori condizioni per
lottare contro gli agenti patogeni, consiste nel prelevare il sangue del
paziente (per esempio affetto da leucemia) e reiniettarlo per via muscolare.
Tra l’altro, il prelievo del sangue di un paziente con i primi o avanzati
sintomi di Coironavirus, avrebbe enormi vantaggi perché
i medici non dorebbero più preoccuparsi di fare l’esame del sangue di un donatore
di sangue per determinare se sia affetto da IDS , epatite, o patologie simili e
poi utilizzarlo per la plasmoterapia. Questa tecnica cosí semplice e
apparentemente micidiale anche contro i tumori, fu applicata dalla dottoresa di
Patrizia ad un paziente americano che, a conoscenza degli effetti devastanti
della chemioterapia sul sistema immunitario, nel suo Paese si era rifiutato di
trattare la sua leucemia con questa “terapia” e, grazie alla moglie
guatemalteca aveva cercato proprio in Guatemala trattamenti alternativi.
Ritornato negli USA per un check-up dopo soli 45 giorni di autoimmunoterapia
(due volte la settimana), e sottoposto agli esami, la remissione della leucemia
dell’80 per cento suscitò comprensibile
stupore nel medico curante. (Questa tecnica non è nuova. Fu utilizzata per la
prima volta dal medico francese Paul Ravaut nel 1913).
La plasmaterapia (o plasmaferesi), che fu usata in
passato per l’Influenza Spagnola del 1918-19, è in fase di sperimentazione per
il Covid-19. Viene utilizzata da Giuseppe Di Donno, Primario del Reparto di Pneumologia
dell’ospedale Carlo Poma di Mantova. Nel video l’intervista di Radio-Radio al primario,
rivela che sono in corso nel mondo 50 progetti per testare la plasmaterapia. Ci
sono tutte le premesse perché diventi LA
terapia del Covid-19.
Fabrizio Accorsi
Fabrizio Accorsi
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