martedì 3 dicembre 2019

CITTADINI DEL MONDO N° 3 Le rondini, Rio Dulce - Guatemala



LE RONDINI, RIO DULCE, GUATEMALA


Viviamo in un’epoca senza precedenti: il progresso della tecnologia ci consente oggi di esplorare aspetti del mondo interiore degli animali che sarebbero stati impensabili soltanto pochi anni fa. E co apprendiamo non solo quello che sapevamo già e cioè che gli animali hanno sentimenti e umori mutevoli proprio come l’uomo, ma che riescono a comunicare tra loro con un linguaggio a volte co complesso da farci restare a bocca aperta. Nel corso di anni di stretto contatto con la natura, ci sono capitate cose singolari, a volte incredibili, e non solo con i nostri animali. La storia seguente “Le rondini”, ambientata nel Rio Dulce,  vi trasporterà non solo nel nostro mondo di barca ma, ancora più importante, dentro il cervello ed il cuore di questi straordinari volatili. 


Dopo essere entrati dal mare aperto nell’ampio estuario del fiume Rio Dulce e averne risalito il canyon, con le sue due miglia (circa tre chilometri) di spettacolari pareti rocciose a strapiombo, una fitta vegetazione tropicale e una discreta popolazione di aironi bianchi e grigi, stavamo adesso navigando a vela oltre i gazebo sulla punta dei moli e sparse case rustiche dai tipici tetti ricoperti dalle fronde secche della manaca, una varietà di palma locale. Bambine e bambini giocavano nudi nell’acqua poco profonda davanti alle loro case o si rincorrevano intorno ai kayak di legno,
tirati a secco sulla riva. Al nostro passaggio, si fermavano fino a vederci allontanare, salutandoci con cenni della mano. Galline, maiali, tacchini e altri animali domestici, correvano liberamente sul fango solidificato intorno alle basse costruzioni, principalmente costruite su palafitte nella palude adiacente al fiume.

Di tanto in tanto, nei più bei terreni sopraelevati, attraverso una vegetazione mista di palme, mandorli, manghi e siepi di fiori, si intravvedevano le eleganti facciate in legno verniciato delle case di gente benestante, o si stagliavano nette sopra verdi monticelli d’erba ben rasata lussuose case a più piani, le cui scalinate scendevano al fiume e terminavano tra suggestivi muretti di contenimento costruiti con bianche pietre irregolari. Questi muretti hanno la funzione di proteggere le proprietà dalla corrosione dilagante degli ultimi decenni, principalmente dovuta alle grandi onde sollevate dagli yacht di passaggio.


Lasciandoci sulla destra le fonti solforose, rasentammo sulla sinistra una piccola baia coperta di ninfee galleggianti verde bottiglia, a forma di teglia, disseminate di carnosi fiori bianchi e lilla, ed entrammo nel lago, il Golfete.
                                          Quest’ampio specchio
d’acqua lungo otto miglia e largo tre (circa tredici chilometri per cinque), che divide la parte superiore dalla parte inferiore del fiume, è quasi interamente circondato da verdi colline. Mentre le rive lontane scivolavano impercettibilmente nella direzione opposta, scorsi una piccola radura che, sotto l’intensa luce tropicale, splendeva di un verde più chiaro dei boschi circostanti.

Più a sud comparvero intere colline disboscate. Forse l’opera di un vorace predatore che ignorava le leggi di protezione delle aree fluviali? Purtroppo era così. Il predatore si poteva identificare con il discendente della nobile civiltà maya, una cultura che, nonostante le grandi conquiste astronomiche, non aveva mai inventato l’aratro. Di conseguenza, il suolo, dopo una sola semina, diventa sterile e non è più in grado di ricevere i semi del granoturco, l’alimento basilare da queste parti, perché privo dei nutrienti e della quantità di lombrichi necessari alla fertilità di qualsiasi suolo. L’ingegnosità dell’uomo non è qui riuscita ad andare oltre l’usanza ancestrale di bruciare un pezzo di terra dopo l’altro, per poter seminare il granturco: sempre più lontano dai villaggi. Pertanto, in pochi anni, intere colline vengono spogliate di alberi per preparare il suolo per la semina, consentendo alle piogge di tramutarsi in alluvioni devastatrici.

Come sapevamo oramai per esperienza, era proprio in quel punto, a metà del lago, che arrivava la prima rondine, subito seguita da altre che, con voli radenti, picchiate e pigolii eccitati, si metteva a volare intorno alla barca che procedeva sotto la spinta della brezza.

Questi simpatici uccellini arrivavano da lontano, dalle rive del lago, e dopo essere atterrati acrobaticamente sui cavi orizzontali vicino alla prua, si disponevano in fila come soldatini in uniforme bianca e nera. Mantenendosi in piedi contro i sussulti della barca e le folate di vento che di tanto in tanto gli arruffavano le piume, non mostravano alcun timore dei cani, che del resto li ignoravano, dando l’impressione di godersi tranquillamente il passaggio, per molti chilometri, fino a destinazione.

Durante l’ancoraggio a vela e le susseguenti manovre in una baia protetta adiacente al villaggio di Rio Dulce, costellata da numerosi Marina e in piena vista dello spettacolare ponte a una campata sopra il fiume, si ripeteva il gioco consueto: si allontanavano, sfrecciavano verso terra, a non più di duecento metri di distanza e si perdevano per un po’ nel fogliame degli alberi, ma prima o poi ritornavano ad atterrare con strilli festosi sulla corda d’ancora e sulle draglie, incuranti dei cani, i quali continuavano a ignorarle.

Eravamo ancorati da qualche giorno, quando notai un insolito andirivieni. La mia attenzione fu attratta da due rondini, particolarmente attive, che arrivavano trasportando qualcosa nel becco.

Approfittando della loro assenza, andai in prua per controllare se c’erano novità. E là vidi proprio quello che mi aspettavo di vedere: degli stecchetti dentro il
tamburo dell’avvolgifiocco, non troppo ordinati, ma sparsi, apparentemente a casaccio. Mi domandavo se avessero scelto questo posto molto particolare per costruire il loro nido, e sperai che fosse proprio così. In tal caso non ci sarebbe stato nessun problema: infatti avevamo programmato di restare ancorati nella stessa insenatura abbastanza a lungo e pertanto l’avvolgifiocco, cioè il tamburo, sarebbe rimasto immobile, assolvendo così, per un po’, la sua nuova funzione di ospitare l’eventuale nido.

Da quel momento in poi prestammo più attenzione, anche dal pozzetto. Non c’era alcun dubbio: stavano cercando di costruire la loro casetta per passarci la luna di miele. Cominciò così l’aspettativa gratificante di una nuova esperienza da osservare da vicino.

Dopo un paio di giorni in cui avevano lavorato con impegno, ritornai a controllare sul posto come procedevano i lavori. Le rondini avevano portato altri stecchi e anche alcune foglie secche, ma, per qualche ragione, il loro lavoro non dava i frutti che mi sarei aspettato. Poi ne compresi il perché: la barca all’ancora, sospinta dal vento, si spostava ora su un lato, ora sull’altro, durante quel tipico movimento denominato tecnicamente “navigare all’ancora” (sailing at anchor) esponendo al vento l’apertura del tamburo. In tal modo, il vento distruggeva implacabilmente il lavoro che le rondini avevano fatto nella bonaccia del primo mattino. Inoltre, il tempo che impiegavano a terra per cercare i rametti adatti era troppo lungo e loro non riuscivano a compensare il numero di stecchi che il vento faceva volare via. Di questi alcuni cadevano sul ponte, ma la maggior parte nell’acqua.

Dovevo escogitare una strategia per aiutarle? Il pensiero era allettante e mi faceva sentir bene. Prima però dovevo determinare che genere di stecchi, erba e foglie utilizzavano. Patrizia venne in prua per aiutarmi a capire se la loro scelta seguiva uno schema preordinato. Alcuni stecchi erano lunghi, altri corti, alcuni spessi e altri sottili e l’erba secca; se c’era un qualche criterio di scelta, come sembrerebbe intuitivo, purtroppo non riuscimmo a determinarlo.

Approfittammo del momento in cui portammo a terra i cani, in un vicino boschetto, per raccogliere rametti e stecchi di tutte le dimensioni e forme, delle pagliuzze, dell’erba secca e qualche foglia.

Al ritorno a bordo, sistemai tutto sul ponte, sotto il tamburo avvolgifiocco. Naturalmente c’era sempre il rischio che il vento avesse spazzato via una buona parte dei rametti e soprattutto le foglie secche.

Vidi con piacere che le rondini si adattarono alla nuova situazione e si misero subito al lavoro con impegno, utilizzando parte di quel materiale “edilizio”.

Un particolare mi sorprese: che non lasciassero sul ponte un solo escremento. Per ovviare a questo inconveniente, alcuni proprietari di barche ormeggiate ai moli dei Marina circostanti usavano dei CD appesi a corde, affinché impedissero, con le loro oscillazioni e gli imprevedibili riflessi, l’avvicinarsi degli uccelli.



Nel frattempo rimasi solo per un mese, perché Patrizia era andata in Italia per far visita alla famiglia. Ci tenevamo comunque in contatto e ci potevamo non solo parlare, ma anche vedere, un paio di volte al giorno grazie a Skype. Che sensazione di benessere mi dava il lusso di potermi collegare a Internet da una barca ancorata lontano da un Marina! Tra le altre cose, la tenevo anche informata sul progresso delle rondini.

“Male!” risposi un giorno alla sua domanda: “Come procede la costruzione del nido?”

“Sembra che non riescano a costruirlo. Forse il pavimento interno del tamburo è troppo liscio, il che significa scivoloso. E, ciò che è peggio, è inclinato verso l’apertura. Se poi aggiungiamo il vento, che in questi giorni soffia costantemente a venti nodi quasi tutto il pomeriggio, il loro compito non ne risulta certo facilitato. Hanno lavorato sodo, ma con pochi risultati pratici. Soffro per loro!”

Nei giorni successivi, il movimento intorno all’avvolgifiocco sembrò scemare a poco a poco, per poi cessare del tutto. Era un brutto segno. Probabilmente avevano rinunciato, anche se c’era sempre una mezza dozzina di rondini posate sulle draglie di prua.

Una mattina, mentre facevo colazione nel pozzetto, mi voltai verso l’esterno per gettare nell’acqua alcune bucce di papaya. Mentre osservavo il solito sciame di pesci lottare per i bocconi più succulenti, con la coda dell’occhio notai uno stecchetto, oltre la mastra, appena al di là del pozzetto. Strano, avrei giurato che la sera prima non ci fosse; non ci diedi troppa importanza e me ne dimenticai, per quel giorno.

Il mattino seguente, vidi dei rametti nello stesso posto, sul pavimento del ponte al di là della mastra del pozzetto. Che le avessero portate le rondini? No, di sicuro stavo sognando! Che idea folle! Dopotutto, però, dovevo esserne sicuro. Così, rimossi tutti gli stecchi dalla parte anteriore della barca.

Gli stecchi continuavano ad arrivare un mattino dopo l’altro! Probabilmente li “consegnavano” nel periodo di calma, appena dopo l’alba. In meno di una settimana avevano portato, DA TERRA, un considerevole numero di stecchi, che, se non era uguale a quello che avevo procurato loro, era almeno la metà.

Ma perché, se non ne avevano più bisogno per costruire il nido? C’era soltanto una spiegazione possibile, per quanto incredibile: escludendo il fatto che mi invitassero a costruire il nido in loro vece, le rondini stavano restituendomi il regalo che avevano ricevuto!

L’ondata di emozione mi colse di sorpresa. Per un attimo cercai di frenare le lacrime, poi, lasciai che mi velassero gli occhi e scorressero liberamente giù per le guance. 
Il giorno dopo l’arrivo di Patrizia dall’Italia, ce ne stavamo tranquillamente godendo la colazione nel pozzetto, come facevamo sempre, seduti l’uno di fronte all’altra davanti al tavolinetto, quando, all’improvviso, nel silenzio, un violento batter d’ali, insolitamente vicino, ci fece trasalire. Che diavolo succ... Un attimo dopo, vidi una rondine in picchiata verso le spalle di Patrizia e la udii emettere una serie di brevi strilli acutissimi. Sembrava impazzita di gioia. Fece un paio di rapidissime acrobazie sfiorandole i capelli, poi scomparve per sempre. Difficile credere a una coincidenza. Che fosse un saluto di ben tornata
 
 
 Acquista il cartaceo di Il nostro canto libero, memorie di viaggio, Europa Ed., qui: Amazon.it. https://www.amazon.it/nostro-canto-libero-Memorie-viaggio/dp/8893849534/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=ÅMÅŽÕÑ&dchild=1&keywords=fabrizio+accorsi&qid=1608217307&sr=8-1  (in questa pagina e' anche disponibile una lista di una decina di librerie con prezzi diversi), librerie Mondadori e Feltrinelli, o ordinalo presso la tua libreria favorita. 

Nessun commento:

Posta un commento